L’ISTITUTO DEL TRUST
Si chiama Trust, in Italia già esiste da tempo, ma ora potrebbe diffondersi molto di più, soprattutto tra le persone disabili e in funzione della legge sul Dopo di Noi, recentemente approvata in via definitiva dal Parlamento, una legge che è il frutto di cinque proposte, unificate e integrate da Ileana Argentin, prima firmataria del testo unificato.
Tra le novità principali, c’è una cosa che si chiama Trust. Ma in cosa consiste il Trust? E’ una sorta di patrimonio segregato, separato rispetto a quello personale del soggetto che lo gestisce: nel fondo in Trust, si va a mettere una somma, un bene mobile o immobile, secondo modalità molto flessibili (per esempio, anche con versamenti periodici, ndr): e questo viene ‘consacrato’, destinato esclusivamente alla finalità prevista. E nessuno può toccarlo, se non il beneficiario.
Il Trust, insomma, ha bisogno di tre soggetti:
– un disponente, ovvero il proprietario del bene;
– il beneficiario, che nel nostro caso è la persona disabile;
– il Trustee, ovvero colui che è chiamato a gestire quel bene, secondo le modalità e le volontà indicate dal disponente, e che nel nostro caso potrebbe identificarsi con la Fondazione Oltre Noi ONLUS.
Questo strumento giuridico e finanziario è molto utilizzato in ambito sociale, anche in caso di donazioni . In questi casi, spesso il disponente è una persona anziana che vuole sostenere una determinata realtà ma non ha le capacità o la possibilità o l’intenzione di occuparsene in prima persona, quindi nomina un Trustee.
Anche nell’ambito della disabilità, questo strumento inizia ad essere sempre più conosciuto e utilizzato: “Qui il Trustee non è generalmente remunerato, come accade negli altri casi, ma quasi sempre è un membro della famiglia, della rete amicale, o una Associazione/Fondazione che gode della fiducia del disponente. Il disponente è di solito il genitore, il beneficiario naturalmente è il figlio disabile. Il bene può essere una somma di denaro, o un immobile, anche lo stesso in cui la famiglia vive attualmente: in questo caso, i genitori possono riservarsene una parte come nuda proprietà. Ma la cosa importante, soprattutto quando parliamo di Trust per il Dopo di noi, è che questo è un vero e proprio programma di vita e qui sta la sua forza.
In che senso? Nell’atto, viene indicato con precisione come la famiglia vuole che sia utilizzato quel bene. Si allegano le cosiddette ‘lettere dei desideri’, in cui i genitori declinano un vero e proprio progetto per il figlio. In questo modo, sotto questo profilo la loro morte sarà irrilevante, perché il Trustee garantirà l’esecuzione di quel progetto e il figlio sarà completamente tutelato. Il Trustee, in definitiva, consiste in un bene vincolato, con un corollario ben preciso di regole e indicazioni a cui il Trust eedovrà attenersi: in questo modo, desideri e progetti diventano legge. Per questo, l’atto di Trust è su misura, entra nel cuore dei genitori e nelle abitudini del ragazzo. Il Trustee si impegna a realizzare nel miglior modo possibile le volontà del disponente. Ed eventuali violazioni saranno perseguibili davanti al giudice.
In tal senso il disponente potrà nominare un Guardiano, con compiti di controllo e verifica sul Trustee.
Un esempio? Una coppia ha un figlio disabile ormai adulto e una grande casa di proprietà. I genitori hanno diviso l’appartamento in due parti, riservandosene una per usufrutto. Nell’altra ala dell’appartamento, il ragazzo vive insieme ad altri cinque ragazzi con disabilità, costantemente assistiti dagli operatori di una cooperativa. In questo modo, il Dopo di noi si realizza anche durante di Noi.
Ora, con l’inserimento del Trust nella legge per il Dopo di noi, questa pratica dovrebbe diffondersi ancora di più in questo ambito: è infatti prevista la defiscalizzazione, in modo che non siano più dovute imposte ipotecarie e catastali, che ammontano a circa il 3%. Un ulteriore incoraggiamento alle famiglie, affinché utilizzino questo strumento, utile soprattutto nel sostenere quell’abitare autonomo, a contrasto dell’Istituzionalizzazione.